mercoledì 25 giugno 2014

E IL POPOLO ACCLAMA I TEA-PARTY by Orizzonte 48

Pubblico un eccellente post di Luciano Barra Caracciolo (Orizzonte 48), da leggere assolutamente.




E IL POPOLO ACCLAMA I TEA-PARTY
(anche se litigano tra loro e sopravviveranno all'euro)





Un articolo dai toni caustici su "Libero Quotidiano" ci racconta del parallelismo Monti-Renzi sul piano dello sperticato elogio da parte di una grancassa mediatica assuefatta a se stessa e priva di memoria a breve termine. (E ci sarà un triste perché...).


Si può sintetizzare in questi passaggi:

"Generazioni e stili diversi, ma la prosa è quasi identica. I titoli oggi sono gli stessi del luglio 2012, quando il bocconiano ex commissario europeo illustrava alla Camera dei deputati il resoconto del Consiglio europeo di Bruxelles dove sembrava che con lui andasse sempre tutto benissimo. L’Italia non correva pericoli e potevamo stare tranquilli. «C’è un asse», scriveva allora Repubblica, tra la Germania della Merkel «e l’Italia di Monti, un feeling personale tra lei e “Mario”...
Anche per Monti c’è stato lo stesso clima ultra-favorevole sulla stampa italiana e straniera. C’erano i fuochi d’artificio, si è stappato lo champagne, ma poi a ben vedere i festeggiamenti sono durati abbastanza poco. I tecnici hanno fallito e il progetto politico montiano si è scontrato alla prima prova delle urne. Renzi ha i voti, ora l’attende la prova dell’Ue.
A distanza di due anni cambiano i soggetti, ma frasi sono le stesse. Renzi è il nuovo eroe. I suoi ministri tutti fuoriclasse...".

Peccato che non risulti, dallo stesso articolo, perché "i tecnici hanno fallito" e come Renzi stia ripercorrendo le stesse identiche impostazioni di politica economica: solo paludate di roboanti propositi sulla lotta "anticasta-Stato-sprecone" e via corruzion-dicendo, propositi che, invece, Monti e Letta non avevano sufficientemente percorso. Naturalmente propositi viventi nella (mera) comunicazione, come attestano i fatti di cronaca e i conti dello Stato degli ultimi anni e...in prospettiva, se non altro perchè è il denominatore PIL che tradisce le previsioni (quanto a tagli e tasse sostanziali, in effetti, bastava e avanzava anche lo sfortunato Tremonti, che poteva benissimo cavarsela in UEM, non fosse stato per la questione della connection tra junks bond nelle banche tedesche e "serate eleganti" varie: chi non è in grado di vederla si rilegga un pò il blog).

Dell'inquietante parallelismo tra Monti e Renzi, da parte dei media sdilinquiti in chiave "cheek to cheek with Angela", avevamo detto nel post di sabato scorso.

E vale quanto le lodi a Prandelli immediatamente dopo la vittoria sull'Inghilterra.

Ma in quel post avevamo anche specificato che la questione €uropea, agli effetti pratici, non si muoveva di una virgola; siamo sempre fermi al punto in cui, che si raggiunga o meno il pareggio di bilancio, la via è quella del consolidamento fiscale e le politiche relative verrebbero al più consentite mediante un'ambigua acquiescenza alrinvio al 2016 del pareggio stesso, condita da confusissime concessioniverbali, mai seguite da determinazioni euro-istituzionali, sulla golden-rule (cioè la eccettuazione dal calcolo nell'indebitamento pubblico della spesa pubblica per investimenti).

Insomma, si può pure ironizzare sull'attuale governo, come sul suo inquietante accostamento a quello Monti, ma la consapevolezza mediatica non cresce; ci si appaga, al più, di lotte politiche intestine, mentre (basta vedere un Ballarò qualsiasi) la confusione e le discussioni relative a problemi malposti e, tra l'altro, peggio ancora risolti, campeggiano in un'orgia che può riassumersi nel triste spettacolo della disunità dell'italian tea-party .

Se ci pensate un paradosso che le stesse forze politiche totalitarie potrebbero risolvere facilmente, se non fosse che non avendo capito nulla, la ragion d'essere della politica si è ridotta alla corsa alla presa di distanza dalla corruzione e dalla pressione fiscale. Cioè i metodi più sicuri per non risolvere nulla ma per raggiungere un facile consenso che, al più, può portare a un reverente implorare all'Europa una flessibilità di facciata, ed in quanto, comunque, "a noi piace fare quello che stiamo facendo e non perchè ce lo chieda l'Europa".

Tutti sono dunque convinti di aver capito che il problema è tagliare la spesa pubblica e si rinfacciano, semmai, di non aver propinato dosi sufficienti di tale veleno.

Persino i 350 dipendenti delle società immobiliari che perderanno il posto a seguito della possibile disdetta degli affitti d'oro per conto della Camera dei deputati, non viene vista come ovvia conseguenza di tale atteggiamento, che, pure, fa capire con immediatezza che tagliare il reddito nazionale, cioè la spesa pubblica non è una soluzione che garantisca la crescita, semmai la disoccupazione (=deflazione salariale): perchè questa è l'unico strumento a disposizione per non finire di nuovo in crisi di indebitamento estero. Salvo poi rendere incorreggibile la posizione netta sull'estero, dato che l'euro è un processo inesorabile che deve ridisegnare, scatenando un conflitto generazionale dove tutti perderanno, la società italiana... possibilmente con il suo stesso plauso!

L'euro sta lì, senza legame cosciente con questa idea tea-party che probabilmente gli sopravviverebbe. Perchè non è pensabile che sia sradicabile dal senso comune degli italiani, tutti assorti nella rabbiosa indicazione della corruzione come il primo dei loro problemi.

E basta leggersi questo articolo sul Brasile per rendersi conto che i mali (coincidenti semmai con le politiche di correzione adottate da istituzioni neo-liberiste dalla facciata "progressista"), vengono sempre fatti ricadere su questo splendido format(corruzione-spesa pubblica improduttiva), che la World Bank e il FMI hanno messo a punto, con tanto di classifiche incredibili (ma molto credute), in base alle qualirisultano meno corrotti i paesi più liberisti: quelli cioè in cui le lobbies dei poteri economico-finanziari sono talmente potenti da catturare totalmente il processo decisionale normativo, alienando lo Stato da ogni residua funzione democratica, e quindi minimizzando la deviazione di ciò che è conforme a legalità da quanto coincide con gli interessi affaristici dell'oligarchia economica.

In tali casi, infatti, si verifica in radice "il difetto di fattispecie sanzionatorie applicabili ai meccanismi di appropriazione disparitaria della ricchezza, che vengono simultaneamente legalizzati dalle norme".

Ieri a Ballarò, un ennesimo sondaggio, incurante della distinzione tra pubblico e privato, (tipica manifestazione dell'ordoliberismo, semmai qualcuno avesse nutrito qualche dubbio) presentava gli "imprenditori" (sic!) come la "istituzione" che riscuote la maggiore fiducia degli italiani!

E quando sento queste cose, e vedo che non c'è nessun accenno di stupore, o rimostranza, in NESSUNO dei politici, su questo panorama concettuale, mi chiedo se abbia senso ancora tenere questo blog e magari preparare un convegno per spiegare, che so, cosa significhi, in termini di democrazia fondata sul lavoro, l'art.41 della Costituzione:

"L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali."

Anche spiegando cosa significhi, essendo un meccanismo (doveroso, per governo e legislatore) del tutto dimenticato, e anzi stigmatizzato, bisognerebbe sempre aggiungere che la norma, pur essendo un pochino più importante dei trattati europei, è ormai praticamente inapplicabile.


Finché c'è l'euro, di sicuro.

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