mercoledì 28 gennaio 2015

IL COLLE FUORI DAL MONDO...GLOBALE "REALE" - da Orizzonte48

Dal blog Orizzonte48 pubblico un bel post ricco di spunti e riflessioni che condivido:

Solo degli ignavi, conformisti, superficiali ed impreparati, potrebbero pensare che gli USA siano "usciti dalla crisi". Solo cioè persone che si accomodano su dati mensili o trimestrali parziali, e accuratamente selezionati dal sistema dei media e del marketing finanziario, che cerca di sopravvivere, sempre e comunque, lasciando nelle mani degli sprovveduti il bombolone con la miccia accesa negli ultimi millimetri.
Su questo punto vi invito a leggere questo articolo di Mauro Bottarelli, ricco di indicazioni e analisi eloquenti. Arricchito dalla ricerca di indicatori indizianti altamente sintomatici, ci racconta perché, nell'economia reale, ci sia poco da scherzare.

Insomma, nella totale inconsapevolezza della situazione dell'economia reale "globale", e nell'isteria collettiva sui dati della finanza pubblica, in €uropa e in Italia soprattutto, va in scena l'allegra incoscienza di chi crede ottusamente, come un integralista religioso indottrinato e votato al sacrificio "salvifico" (nell'aldilà), che le politiche monetarie, convenzionali e non, siano la condizione necessaria e sufficiente per rilanciare l'economia e attuare le riforme supply side, corroborando la legge di Say applicata alla "infinita" competitività deflattiva: questa costituisce l'unica Legge morale e pretesamente scientifica che governa l'€uropa delle banche (piene di buchi di bilancio da ripianare drenando capitali dalle tasche dei debitori insolventi!).

Questa premessa vale a raccontare l'Italia, nella sua tragica condizione di mancanza di risorse culturali, nel suo conformismo autorazzista e asservito a un paradigma eurocrate che non accenna a diminuire la presa del suo "tallone di ferro".
Inutile dire che senza informazione sui fatti e con valutazioni "pop" di tipo orwelliano, la democrazia, - che è un fatto di equilibri sociali stabiliti normativamente (perché a questo servono le Costituzioni non a intrugliare alchimie istituzionali che sono solo strumenti e non "fini" per il benessere generale)- non è "a rischio": è già irrimediabilmente compromessa.

Basterebbe dire che un intero continente che si fondi su gold standard de facto (cioè l'euro e il suo inevitabile pendant di colonizzazione: altro che pace e giustizia tra i popoli!), legge di Say (cioè supply side per la competitività come unico residuale strumento di politica economico-fiscale) e deflazione flessibilizzante del lavorosi autocondanna alla ripetizione delle crisi economiche del 1873 e del 1929. Anzi peggio di allora, dato che le misure oggi suggerite sono ridicole ed incapaci persino di trovare quei minimi spazi di intervento pubblico che allora furono variamente concepiti (anzi li contrastano apertamente).

Queste cose chi legge questo blog le conosce già: ma una cosa appare certa
E cioè che della realtà economica globale - cui pure anelano ad appartenere orgogliosamente e ostentatamente - i nostri politici sono sicuramente all'oscuro e vivono in una descrizione semplificata e orrendamente "pop"che li fa preoccupare solo della lotta per l'elezione al Quirinale.
Lo stato confusionale è tale che, credendo che la situazione economica mondiale sia sotto controllo e che solo l'Italia abbia "qualcosina" da correggere con le riforme supply side (in modo da reggere la sfida del gold standard e della Legge di Say!), riforme da fare il più presto possibile, occorra trovare un personaggio da eleggere che sia conforme a queste aspettative, oltre che, naturalmente, idoneo a destreggiarsi fra le esigenze di consenso di breve periodo di gruppuscoli politici completamente ignari del vulcano su cui sono seduti.

Insomma, la spasmodica e isterica attenzione al "come" si svolgerà l'elezione del Presidente della Repubblica dimostra la irresponsabile inadeguatezza di un'intera classe dirigente, che include i vertici industriali, le fondazioni-think tank senza confine tra interessi privati e funzionalità democratica delle istituzioni, e una serie di homini novi, totalmente privi della preparazione minima per accorgersi della caduta della "logica elementare" in cui si trovano immersi.
E NON SI PREOCCUPANO!
Purtroppo, non è difficile immaginare chi pagherà il conto di tutto ciò: ma è anche da temere che chiunque sarà eletto, CHIUNQUE, si troverà nella situazione di...Badoglio.
Cioè nel gestire di qui a poco una "sconfitta" che non potrà più essere nascosta dalla grancassa delle disinformazione mediatica.
Per questa classe dirigente non può esserci un grande futuro
Se non nel paradosso de "l'effetto pretoriani". Che però ricorda troppo una neo-Salò privatizzata e, naturalmente, farsesca...

venerdì 23 gennaio 2015

QE: bazooka e cer...bottane di Draghi

Il 22 gennaio 2015 sarà ricordato come una "giornata storica", o forse no.
E' partito lo shopping della BCE per acquistare obbligazioni degli Stati membri al ritmo di 60 miliardi di euro al mese fino al settembre 2016.
In tutto 1.100 miliardi di Quantitive Easing (QE) cioè di "alleggerimento quantitativo" di titoli di Stato in pancia alle banche con nuove risorse per acquistarne altri dagli Stati (su cui pagheranno gli interessi), cioè in sintesi detti titoli andranno in pancia alla BCE.

Ma di che stiamo parlando?

Vi propongo un disegnino esplicativo di un mio sempre valido vecchio post:


Questo schemino spiega sinteticamente la precedente manovra LTRO cioè un'asta di liquidità in cui la BCE concesse un prestito, all'1% di interesse, alle banche richiedenti, della durata di 3 anni e con un tasso di interesse pari alla media del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale calcolata nel periodo dell'operazione stessa.
In cambio la BCE ricevette dalle banche una garanzia sul prestito, detta "collaterale".
La garanzia era composta solitamente da obbligazioni governative (titoli degli stati membri dell'UE); la BCE accettò come collaterale anche titoli privi di valore (ad esempio quelli emessi dalla Grecia dichiaratasi insolvente).
L'operazione avvenne in due tranches:
  • 22 dicembre 2011, quando 523 banche parteciparono all'asta LTRO richiedendo 489,191 miliardi di euro;
  • 29 febbraio 2012, quando 800 banche hanno parteciparono all'asta LTRO, richiedendo 529,53 miliardi di euro.

Vi segnalo che 489,191 + 529,53 = 1018,721 miliardi di €.
Le banche private, a quel punto, piene di liquidità avrebbero potuto e dovuto prestare agli Stati i quali a loro volta, con essa,  avrebbero dovuto rilanciare le proprie economie.
Non ha funzionato, anzi siamo in crisi di domanda e deflazione, il peggior scenario.
Il motivo per cui non ha funzionato è che la creazione di moneta è endogena e non esogena, vale a dire che è la domanda di prestiti che crea moneta utile (keynesismo) non l'offerta di moneta che induce i prestiti (monetarismo).
In altre parole lo stimolo economico funziona in uno Stato solo se è lo Stato che spende direttamente (infrastrutture, nuove assunzioni, incrementi di stipendio) e non con le banche private che prestano a famiglie e imprese.
Ci vorrebbe quella che tecnicamente si chiama politica economica fiscale espansiva, che però in Italia non possiamo fare sufficientemente per i vincoli UE a cui abbiamo aderito (un suicidio).

Cosa ha pensato ora di fare ora Draghi con il QE?

Ritirare un po' su l'inflazione con lo stimolo monetario, sapendo già di non riuscirci ma raggiungendo il vero scopo, la speculazione finanziaria fatta sulla pelle dei popoli.
La BCE (privata e indipendente) sostanzialmente dice alle banche (private), vi ricordate i 1018,721 miliardi di € che vi ho prestato (generandoli con un click) all'1% che avete riprestato a tassi molto superiori (lucro) ricevendo in garanzia le obbligazioni governative?
Bene ora io mi compro quelle obbligazioni ina scadenza che avete in pancia con una mancia di circa 81 miliardi perché siete state brave: 1018,721 + 81= 1.100 G€ (così abbiamo spiegato perché 1.100 e non ad esempio 800 o 1.500)

Ci sono due conseguenze e due considerazioni fondamentali da puntualizzare :
  1. L'operazione ha dato istantaneamente alle banche che parteciparono al LTRO un profitto netto di una percentuale pari alla differenza tra il tasso di interesse a cui prestarono e quello di circa 1% a cui presero a prestito dalla BCE.
  2. Le banche private da oggi a settembre 2016 si sgraveranno dal rischio che hanno in pancia avendo a disposizione ulteriore liquidità il cui nuovo rischio, questa volta graverà all'80% sulle banche centrali (private e azioniste della BCE) dei singoli Paesi (80% di 125 miliardi in Italia), le quali a loro volta lo scaricheranno sui cittadini, grazie al sistema €, continuando a trasformare il debito privato (il vero responsabile della crisi) in debito pubblico.
  3. E' all'epoca del LTRO che la BCE avrebbe dovuto fare il QE, ma non lo fece perché altrimenti avrebbe privato dei profitti speculativi le banche private che oggi ringraziano. La più grande speculazione del nuovo secolo.
  4. Dati alla mano l'LTRO non ha prodotto effetti all'economia reale, la quasi totalità degli Stati dell'€zona è scivolata in recessione e deflazione.
A noi cittadini italiani che ce ne viene?


Una beneamata fava.

Ad esempio, se veramente volevano creare inflazione era meglio distribuire i soldi tra i 334,570,678 abitanti della zona euro, sarebbero stati ben 180 € al mese extra per 18 mesi, per ogni singola persona.
Pensate, una famiglia tipo italiana, con 2 adulti e un bimbo, avrebbe preso 540 € al mese
L'aumento dei consumi sarebbe stato immediato e inflazionario.

L'esempio fatto sarebbe stato l'equivalente di un diretta politica fiscale espansiva dello Stato, questa si che avrebbe funzionato ma le banche non ci avrebbero guadagnato e gli Stati avrebbero avuto incautamente (per l'oligarchia UE) lo stimolo per uscire dalla crisi e dalle loro grinfie.

Il QE della BCE non funzionerà perché non è destinato ai popoli ma alle banche.

Il QE della FED, della Bank of England o della BOJ, è un'altra cosa perché lì c'è uno Stato sovrano che garantisce il debito e i soldi sono da lui spesi direttamente (politica keynesiama).

Prima si abbandona questo tipo di UE, questa unione monetaria, lo schema autoritario e antidemocratico di una banca centrale indipendente, prima ci risolleveremo.

Altro che bazooka di Draghi qua ci sono solo cer...bottane (le banche) con le loro marchette.


sabato 17 gennaio 2015

Amaro futuro?

Come ampiamente previsto da molti esperti, le cui tesi sono spesso riportate su questo blog, la crisi che avvolge l'€zona ha assunto i connotati di una patologia, una artificiale alterazione sistemica di dinamiche che avrebbero dovuto portare allo scioglimento di un'unione monetaria illogica e irrazionale e che, invece, nasconde dietro l'angolo sorpresine di cui conosciamo i nomi ma non le dinamiche della loro imminente affermazione.

Cosa abbiamo nello scenario?

1) Tasso di inflazione molto inferiore al valore obiettivo del 2%, deflazione in alcuni Stati dell'€zona.
2) Tasso di disoccupazione in preoccupante crescita ovunque, quella giovanile impressionante  in Spagna e Italia. PIL inconsistenti.
3) La BCE propende per il QE (quantitative easing) sotto forma di acquisto di titoli di Stato.
4) La Germania si oppone al QE e forse la spunta.
5) La UE sta trattando, forse già conclusi, il TTIP e il TISA con gli USA, trattati di libero scambio e libera circolazione di capitali tra UE e USA (obiettivo liberista secolare delle multinazionali).
6) L'€ sta svalutando sul $.
7) Gli USA continuano la politica di riduzione del prezzo del petrolio.
8) Quasi certa nel 2015, forse 2016, una nuova gigantesca crisi finanziaria legata ai titoli derivati e in seconda battuta al fallimento della nuova industria estrattiva USA.
9) Continua l'embargo verso la Russia.
10) La Francia non è d'accordo con l'embargo.
11) Attacco terroristico a falsa matrice islamica in Francia.
12) Previsioni di un attacco terroristico a Roma.
13) Napolitano eseguito il compito (collaborazionista) di consegnare definitivamente l'Italia al progetto (oligarchico) Stati Uniti d'Europa, se ne va, lasciando macerie.
14) Il dopo Napolitano si preannuncia ancor più assolutista.
15) E' definitivamente passato, a fronte degli ultimi episodi, il messaggio che per garantire la libertà dei popoli bisogna che essi vi rinuncino "un po'" affinché sia loro garantita una maggiore sicurezza.
16) I media sono quasi completamente cooptati.
17) Imminente l'imbrigliamento della Rete.

Dimentico sicuramente qualcosa di importante ma, non so voi, io rileggendo i punti rabbrividisco.
Un probabile titolo di tale lista potrebbe essere "Restaurazione Vs Democrazia 17-0".
Una totale rivincita del capitale sul lavoro, una Caporetto dei diritti dei lavoratori e la ormai totale disattivazione delle Costituzioni democratiche e degli Stati così come furono concepiti a valle della seconda guerra mondiale.
L'applicazione della riflessione secondo cui per dominare i popoli è meglio evitare i soprusi, le barbarie, gli eccidi, le distruzioni, come avvenne nelle guerre mondiali, è al momento vincente.
Per avere garanzia di successo bisogna convincere i popoli dell'inevitabilità di quel che sta accadendo (T.I.N.A.: there is no alternative), essi vengono orientati verso diritti cosmetici (parità uomini-donne, rispetto animali, diritti gay, diritti di espressione, etc.) progettati proprio per non essere mai definitivamente applicati, nel mentre, con la complicità di classi dirigenti cooptate, si degrada il fondamentale e costituzionale diritto del lavoro a merce.
Ma non basta.
L'utilizzo della paura con la sempreverde strategia della tensione, dà la finale spintarella ai popoli a rinunciare a diritti e qualità della vita.
Una strategia simile è stata ed è quella della colpevolizzazione, il "avete vissuto al di sopra dei vostri mezzi", la "casta-cricca-corruzione responsabile della crisi", il "gli altri sono meglio di noi", il "solo unendoci agli altri, migliori di noi, allora miglioreremo"ed altri sono stati argomenti tanto falsi quanto convincenti.
Il risultato è che oggi i più si vergognano di essere italiani, a torto, torto marcio.
Non ultima, anzi, la riabilitazione delle dottrine economiche fallimentari (perché sbagliate) degli anni venti, avvenuta grazie a corposi sostegni di capitale privato nelle università che hanno formato le attuali classi dirigenti, dottrine strumentali al prevalere del capitale finanziario privato su quello pubblico, che diventa irragionevolmente il mostro da abbattere (debito pubblico).
Il capitale finanziario delle multinazionali prende il sopravvento, quindi, con l'inconsapevole consenso dei popoli.
Gli eventi, dunque, se letti sotto questa prospettiva trovano una loro sistematicità.
L'obiettivo perseguito dai trattati europei, prima, dall'€uro come mezzo poi, era banalmente la distruzione del concetto di Stato basato sulle garanzie sociali, baluardo della parte debole (il lavoro = i lavoratori) della funzione di produzione nei confronti della più forte, il capitale.

Cosa ci aspetta?

Difficile dirlo con esattezza.
Sicuramente meno diritti, meno libertà, meno democrazia.
Sicuramente la privatizzazione di qualsiasi servizio o bene utile alla collettività (TTIP,TISA).
Un nuovo modo di vivere (peggiore) che garantirà il minimo indispensabile (captive demand) ai più e l'esagerata prosperità ai pochissimi.
Non impossibile è lo scoppio di una guerra. Sarebbe un delirio sanguinario ma i recenti fatti statisticamente ricalcano quelli delle vigilie degli ultimi storici conflitti mondiali.... scaramanticamente glisso.
Questa è l'essenza della Restaurazione in atto: le masse consumano, le multinazionali governano e godono dei profitti.

Tutti gli eventi che si susseguiranno, tragici o apparentemente democratici, saranno strumentali al perseguimento di tale nuovo ordine di governo su larga scala nei modi e con i mezzi su descritti.

Coraggiosi e ammirevoli i pochi (per ora) che gli si oppongono.

mercoledì 14 gennaio 2015

ORDOLIBERISMO E EURO: LA LUNGA MARCIA DELLA RESTAURAZIONE di Luciano Barra Caracciolo

Il Post che segue e’ un Post Fondamentale di Luciano Barra Caracciolo ripreso da http://scenarieconomici.it/. Come giustamente indicato da GPG di Scenari Economici si vuole sottolineare l’importanza del contenuto: in effetti è il clou di tutto ciò che va smascherato e che è alla base della distruzione strisciante della democrazia e del benessere italiani, documentata in infiniti articoli su http://scenarieconomici.it/ e anche su questo più modesto blog. Potete anche approfondire QUI. Buona Lettura.


Luciano Barra Caracciolo, già membro del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, eletto nella componente del Consiglio di Stato, tra l'altro autore del libro "Euro e (o?) democrazia costituzionale. La convivenza impossibile tra costituzione e trattati europei" (Dike Giuridica Editrice). Nel novembre 2012 ha aperto un suo personale blog http://orizzonte48.blogspot.it/ in cui tratta temi giuridici, economici, politici e sociali.


1) ORDOLIBERISMO 

Per parlare dell’ordoliberismo (o “ordoliberalismo”: la distinzione, fatta in italiano, deriva dalla non conoscenza della lingua inglese, dove non esiste la parola liberism, ma solo quella “liberalism”, che indica indistintamente una dottrina economica e la sua inscindibile ideologia politica) prendiamo spunto da questa citazione di una frase di Giuliano Amato in un’intervista rilasciata in inglese.
La traduciamo così non ci sono equivoci: “Non penso che sia una buona idea rimpiazzare questo metodo lento ed efficace – che solleva gli Stati nazionali dall’ansia mentre vengono privati del potere- con grandi balzi istituzionali…Perciò preferisco andare lentamente, frantumando i pezzi di sovranità poco a poco, evitando brusche transizioni dal potere nazionale a quello federale. Questa è il modo in cui ritengo che dovremo costruire le politiche comuni europee...”.
Ordoliberismo: veste €uro-attuale del neo-liberismo che, imperniata sull’obiettivo del lavoro-merce, prende atto dell’ostacolo delle Costituzioni sociali contemporanee (fondate sul lavoro), ed agisce divenendo “ordinamentale”, cioè impadronendosi delle istituzioni democratiche per portarle gradualmente ad agire in senso invertito rispetto alle previsioni costituzionali.”
Questa vicenda di gradualità ne l’impossessamento delle istituzioni democratiche, per invertirne la direzione di intervento, cioè per portarle a tutelare e realizzare interessi di segno opposto a quello per cui vennero concepite dalle Costituzioni nate dalla Resistenza al nazifascismo, ha avuto una fase operativa che ne ha consentito l’attuazione tecnocratica, secondo una precisa ideologia economica di tipo restaurativo, come fine ultimo.

2) LE RADICI RESTAURATRICI

Qui una ricostruzione delle radici restauratrici:
“…lo stesso instaurarsi del consumismo di massa in séindicava una via di reazione che il sistema conteneva già in sé e consentiva, quindi, un’evoluzione adattativa che restaurasse il modello capitalista auspicato (quello del famoso passaggio di Kalecky).
E questo nella coscienza che ciò potesse farsi con la dovuta gradualità, per attendere sia il consolidarsi della imminente vittoria definitiva sul socialismo “reale”, che lo sfaldamento della linea politico-elettorale caratterizzata da diversi livelli di concessione sul fronte del welfare (che pareva accomunare nella irreversibilità tutti i partiti in campo nei paesi occidentali, nei limiti della funzionalità alla strategia di sedazione dell’avanzata dei partiti comunisti).
Inutile dire che era, specie in partiti come il Repubblicano USA, una linea “rebus sic stantibus” e tatticamente accettata obtorto collo. Lo stesso, poteva dirsi di settori della democrazia cristiana, come dimostra la vicenda dell’evoluzione delle posizioni sulla banca centrale da quella di Carli anni ’70 a quella di Andreatta-Ciampi, primi anni ’80)…”.

3) LA RIVINCITA

Ora questa aspirazione alla restaurazione aveva già espresso, in Europa, (cioè nel contesto in cui sarebbe stato connaturato cercare di applicarlo), un sistema di pensiero economico-politico, in sé compiuto.
Quest’ultimo va identificato nella assoluta contiguità – storicamente attestata da prove inconfutabili (tanto che coloro che si identificano in questa “scuola” non intendono confutarlo ma semmai confermarlo) tra la scuola austriaca di von Mises e von Hayek, e la elaborazione della c.d. “terza via” di Roepke, cioè l’ordoliberalismo in senso proprio (la distinzione attiene più alle biografie dei rispettivi protagonisti, cioè a fortune politiche e mutevoli sedi di insegnamento accademico, che ad una reale separazione politico-ideologica, come vedremo).
L’ordoliberalismo, infatti, fin dalla sua genesi, si pone come un tentativo linguisticamente e ideologicamente (nel senso della enunciazione dei valori perseguiti) mirato a rendere accettabile la sostanziale realizzazione -o “rivincita”- del liberismo, cioè del “governo del mercato” sull’intera società; e questo era considerato attuabile conservando la facciata del soggetto, lo Stato strutturato, che era visto come la principale interferenza contraria a tale realizzazione.

4) L’AVVERSARIO

E’ ovvio che, nella fase storica del nazifascismo, questa visione si potè valere, certamente in Germania e, per certi innegabili aspetti in Italia, della coincidenza (transitoria) dello Stato centrale, – l’avversario tout-court di ogni dottrina liberista-, con quanto storicamente manifestatosi nel totalitarismo militarista e guerrafondaio di tale epoca (almeno nei luoghi di nascita dello stesso ordoliberismo).
La legittimazione, addirittura “pacifista“, del liberismo compromissorio (nella sola fase iniziale) e strumentale (data la permanente mira alla restaurazione del modello liberista nella sua sostanza integrale), poté quindi godere di un’ambigua investitura “etica” di opposizione al totalitarismo.
In effetti, però, l’ordoliberalismo al totalitarismo non rimproverava affatto la soppressione di quelle libertà “attive” (contro cui si era sempre mobilitato) che contraddistinguevano la democrazia abbattuta dagli stessi totalitarismi: in altri termini, rispetto alla soppressione-negazione (eventuale) dei diritti c.d. sociali (ovvero di tutela del lavoro e del welfare), considerati dai neo-liberisti di ogni “scuola” quali inaccettabili distorsioni del mercato (in particolare e soprattutto, di quello del lavoro), l’ordoliberismo rimaneva in posizione neutra.
La posizione ordoliberista sulla progressiva natura “interventista” dei totalitarismi, poi, divenne  inevitabilmente critica, in nome di un indistinto richiamo alla libertà, dato che i “fascismi“, seppure con livelli quantitativi non inflattivi” e compatibili con l’alleanza organica col capitalismo industriale nazionale, aderirono in vario modo all’idea rinnovata, (post crisi del ’29), dell’erogazione delle “sicurezze” sociali alle masse governate, come pure a quella di una forte presenza pubblica nel settore bancario.
Anzi, questo versante della critica al nazifascismo, è tutt’ora utilizzato dalla parte liberista più ostinatamente (e strumentalmente) ignara delle reali vicende storiche e dei relativi dati economici:estrapolando le politiche sociali dei totalitarismi come elemento caratterizzante principale(se non unico) degli stessi, il neo-liberismo propone la mistificatoria equazione tra i totalitarismi e lo stesso Stato democratico pluriclasse del welfare (si tratta del fenomeno dell’ Antistalismo libertario “liceale)

5) LA LEGITTIMAZIONE

Questa confusione – se non altro sulla natura e sulle reali ragioni dell’opposizione del liberismo agli stessi totalitarismi-non può certo dirsi casuale, dato che i totalitarismi fascisti si rivelarono come efficaci rimedi proprio al fallimento dei metodi di controllo sociale in precedenza predicati dall’imperante liberismoquello dell’epoca del gold-standard, del colonialismo e dell’avversione al “monopolio” sindacale.
Nondimeno, questa militanza oppositiva al nazifascismo, – determinata in ultima analisi dalla (consueta) insofferenza liberista verso mediatori “politici” estranei all’oligarchia liberista, e la cui stessa esistenza attestava la natura fallimentare della società (neo)liberista-, consentì ai liberisti di sedersi al tavolo della “ricostruzione” con un’insperata legittimazione.
Ancorchè, quantomeno in Italia, gli stessi (ordo)liberisti, in sede di Assemblea Costituente, risultassero recessivi; e parliamo proprio degli Einaudi, dei Nitti, e dei vetero-liberisti strettamente connessi, nella loro traiettoria culturale, proprio ai von Hayek-von Mises e ai Roepke.

6) LA COSTRUZIONE EUROPEA

Tutti i passaggi finora accennati possono trovare, senza grandi sforzi bibliografici, un’agevole conferma sia storica che contenutistica, nelle vicende e nelle biografie che contrassegnarono i protagonisti prima del dopoguerra (ri-costruzione), poi della stessa “costruzione europea”, nelle sue fasi “comunitarie” e, successivamente “federal-unioniste”.
Per semplificare questa conclusione consigliamo la lettura integrale di questo paper sul principale teorico dell’ordoliberismo e della (apparente) “terza via“, cioè di quella che sarà poi la struttura fondamentale del Trattato di Maastricht.  Va peraltro precisato, secondo la stessa letteratura scientifica che ne ricostruisce la vicenda personale e scientifica, che lo stesso Roepke non proponeva la definizione di “terza via” :
Röpke non disegna una terza via tra l’economia di mercato e l’economia collettivista. Lo dice lui stesso in forma esplicita nel già citato importante scritto del 1961 (L’anticamera del collettivismo): “Chiunque tema il rimprovero d’aver ignorato i segnali della storia mondiale si guarderà bene dal parlare ancora di un “sistema misto”, come se ci fosse una terza possibilità, atta a risparmiare la scelta, spesso scomoda, fra economia di mercato e collettivismo quali principi dell’ordine economico”.
Ma questa esplicitazione semmai conferma la natura “cosmetica” dell’uso del termine “sociale”, accanto a “economia di mercato“, da parte dell’ordoliberalismo e, quindi,  degli stessi trattati europei, che tale terminologia pongono al centro della disposizione fondamentale dell’art.3 (par.3) del trattato sull’Unione.
Significativa è stata anche la partecipazione (di R.), nel  1938, al Colloque di Walter Lippman, famoso tra gli intellettuali di indirizzo liberale dell’epoca, nonchè l’incontro con Luigi Einaudi nel  1944, che diventerà un suo grande amico e con il quale  condividerà ampiamente il suo pensiero e le sue teorie: sarà  Einaudi ad applicare la teoria della “terza via” di Röpke in  Italia per la rinascita economica del secondo dopoguerra; ed infine il periodo passato a Graz (1928-1929), dove entra in contatto con la Scuola di economia austriaca, rappresentata da von Hayek e von Mises.
L’Ordoliberalismo nasce quindi come espressione di due scuole di economia: quella austriaca (Friedrich von Hayek, Ludwig von Mises) e quella friburghese (Walter Euken , Eugen von  Böhm-Bawerk , Alexander Rüstow e Wilhelm Röpke)  rappresentata da eminenti intellettuali, considerati i padri  dell’economia sociale di mercato…
E’ importante precisare che  l’Ordoliberalismo ha dato i  natali a quella “terza via” che  si imponeva come opzione tra il  liberalismo economico e la pianificazione economica, generando quello che è oramai conosciuto come economia sociale di mercato, dove lo Stato assume un ruolo di regolatore al fine ultimo di realizzare il benessere della società in un contesto di libero mercato attraverso i punti programmatici fondamentali dell’economia sociale di mercato.
Questi punti programmatici, nella versione dei padri fondatori dell’ordoliberalismo, si possono sintetizzare così (poniamo in corsivo la corrispondente “traduzione” in previsioni dei trattati UE):
> un severo ordinamento monetario (che implica l’adesione al monetarismo ed alla convinzione che l’inflazione sia determinata dall’offerta di moneta);
un credito conforme alle norme di concorrenza (che pone l’accento sulla privatizzazione “bancaria” dell’emissione di moneta, che consentirebbe la miglior regolazione dell’offerta monetaria, svincolandola dall’interferenza delle politiche di deficit pubblico);
la regolamentazione della concorrenza per scongiurare la formazione di monopoli(nella convinzione che la libera formazione dei prezzi, incluso quello del lavoro, sia indicativa di un inappellabile giudizio di efficienza compiuto dal mercato, nella presunta condizione di concorrenza perfetta dell’offerta, ignorando perciò la prevalente struttura oligopolistica della produzione);
una politica tributaria neutrale rispetto alla concorrenza (cosa che aspira alla rinunzia a ogni effetto redistributivo della tassazione, visto come interferenza collettivistica sulla libera iniziativa e competizione economica);
una politica che eviti sovvenzioni che alterino la concorrenza (ammettendo politiche settoriali mirate sul solo lato dell’offerta, ed eliminando in radice l’ammissibilità di ogni politica fiscale di sostegno alla domanda);
la protezione dell’ambiente (con fissazione di standard tali da agevolare la realtà della grande impresa, capace di sostenere la ricerca, la produzione e i costi privati di tali standards;tale “protezione è inoltre vista come politica sostitutiva della tutela sanitaria pubblica generalizzata, da sostituire progressivamente, con un sistema sanitario assicurativo privato);
l’ordinamento territoriale (tale da privilegiare le realtà localistiche per assottigliare la presenza degli Stati nazionali, legati “pericolosamente” alle Costituzioni democratiche “interventiste”, cioè che prevedono il sostegno alla domanda e all’occupazione mediante il welfare);
la protezione dei consumatori da truffe negli atti d’acquisto (la tutela del consumatore consente di creare un’apparente protezione della “parte debole”sostitutiva della tutela legale del lavoro, col fine di svincolarlo dalla tutela del welfare e dalla spesa pubblica relativa).”

7) TRATTATI EUROPEI

Si può dunque senza particolare sforzo riconoscere che questi “punti fondamentali” sono ritrovabili con esattezza quasi compilativa nei trattati sull’Unione Europea; nei loro riflessi IMMANCABILI, in termini di regole dominanti nella società interessata (in pratica, quella dei paesi aderenti all’UEM), questi “punti” avrebbero svolto un ruolo fondamentale nella restaurazione del mercato del lavoro perfettamente flessibile che è, poi, in sostanza, la rivendicazione fondamentale del liberismo.
Al momento in cui, come abbiamo visto sopra, maturarono le condizioni per passare dalla fase difensiva (cioè dalle mere resistenze in sede Costituente e nell’attuazione della Costituzione) alla fase “operativa”, l’ordoliberismo si affidò a uomini come Mitterand, soprattutto, lo stesso Amato e Carli in Italia, Tony Blair, Olof Palme.
Con ciò era saldata, adeguandosi ai tempi – di una minaccia “comunista” che si andava dissolvendo, fino alla caduta del Muro di Berlino-, la tradizione “cristiano-democratica” con quella “socialista-liberale”, essendo la seconda molto più in grado, per la sua pregressa legittimazione pro-welfare, di far accettare con immediatezza il “T.I.N.A.” (There Is No Alternative), il “nuovo mondo”, insito nella restaurazione.
Questa restaurazione, (lo vediamo in questi giorni più che mai), veniva quindi proposta come “nuovo”, reso necessario dalla “globalizzazione” e, in realtà, da una liberalizzazione dei capitali e dei movimenti di forza lavoro, e non solo più delle merci, che veniva simultaneamente propugnata e costruita in sede europea fin dagli anni ’80 del secolo scorso.
Sul piano della comunicazione politico-economica, quindi si è andata creando una sorta di petizione di principio: cioè la causazione artificiale (per via del funzionamento effettivo dei trattati)della situazione di squilibrio economico, e poi di inevitabile crisi, giustifica l’affidamento di eccezionali poteri sovranazionali, erosivo delle sovranità nazionali. Quei poteri di cui parla appunto Amato nell’incipit.

8) LA COSTRUZIONE EUROPEA ATTRAVERSO L’ORDOLIBERISMO

Ci sarebbe da interrogarsi sulle mutazioni politico-internazionali che condussero a tale saldatura.
L’auto-proposizione dell’ordoliberismo come “terza via“, (nominalistica e tattica),  rese quasi naturale ciò per un processo di “interpolazione“: se occorreva configurare un’alternativa di riequilibrio tra capitalismo sfrenato, divenuto socialmente inaccettabile nell’evoluzione del conflitto di classe nel corso del ‘900, ed ogni forma di economia pianificata e tendente all’inefficiente “collettivismo“, quest’ultimo – via via che si dissolveva, implodendo, il socialismo reale-, finì per essere identificato col modello economico-misto delle Costituzioni democratiche del welfare.
La costruzione europea attraverso l’ordoliberismo, dunque, si rivelò come occasione storica di rigenerazione dei partiti socialdemocratici (o riqualificatisi tali)  in funzione antitetica al “costituzionalismo“: si considera eticamente “correct” superare la sovranità costituzionale nazionale in nome della “efficienza” sovranazionale, il “vincolo esterno“. Inizia così, specialmente in Italiala grande stagione della “revisione” delle Costituzioni del dopoguerra (basate sulla non modificabilità dei principi sottostanti ai diritti sociali).
In generale, in tutta Europa inizia l’offensiva (OCSE-led) delle “riforme, variamente proposte come soluzioni imposte da una supernorma addirittura sovra-costituzionale. Una proposizione che tende a fardimenticare ogni passato collegamento con il marxismo dei politici che la propugnano e  che nova” la sinistra filo-europea da pro-labor a “progressista“: si crea così una sinistra che viene legittimata, dall’idea di “progresso”, a derogare o a sospendere l’applicazione dei fondamenti costituzionali del dopoguerra.

9) LA BCE E LE RIFORME STRUTTURALI

Questa conclusione sul ruolo dell’ordoliberismo (alquanto lineare per un osservatore non superficiale) può trovare un’autorevole interpretazione autentica nelle stesse complessive parole di Draghi:
In this context, it is worth recalling that the monetary constitution of the ECB is firmly grounded in the principles of ‘ordoliberalism’, particularly two of its central tenets:
    –> First, a clear separation of power and objectives between authorities;
    –> And second, adherence to the principles of an open market economy with free competition, favouring an efficient allocation of resources.”
sia nel costante e significativo invito di quest’ultimo all’effettuazione di riforme strutturali che altro che non sono che il completamento del mercato del lavoro perfettamente flessibile, auspicato come “essenza autosufficiente” della rivendicazione liberista.

10) LA SALDATURA DELLA SINISTRA EUROPEA E DEI CONSERVATORI

E sul punto specifico, poi, non esiste un fondamentale dissenso tra, più o meno rivendicate, posizioni ordoliberiste “di sinistra” e posizioni più prettamente “conservatrici“.
Entrambe condannano la tutela collettiva dei lavoratori, vista sia come miope perseguimento di “interessi sezionali” forieri addirittura del conflitto tra le Nazioni, sia che fosse, come oggi, sanzionata come principale caso di monopolio “avversario” del funzionamento del magico “sistema dei prezzi” di mercato, tanto più se legittimato dal deprecato riconoscimento normativo dello Stato.
E che questo disegno abbia, per l’Europa, utilizzato come perno la “costruzione federalista” – salvo poi rinnegarla nei fatti, ma nel modo tecnico-paludato e mimetico dei trattati, -, è un fatto storico su cui, il crescendo culminato nei fatti odierni, non dovrebbe lasciare più alcun dubbio.

11) SVUOTARE DALL’INTERNO LA DEMOCRAZIA, CONSERVANDONE LE ISTITUZIONI

L’ordoliberismo, quindi, per la sua natura tattica (cioè di compromesso o “terza via”, abilmente propagandati, per rendere accettabili i suoi fini ultimi) è uno strumento ideologico-politico più efficace della dura teorizzazione anti-keynesiana e darwinista-sociale di Hayek, perlomeno assunta al suo stato più puro: questi è portato ad ammettere apertamente la preferenza per la dittatura rispetto ad una democrazia (evidentemente “sociale”, cioè pluriclasse e non oligarchica) che ostacoli la Grande Società del mercato.
L’ordoliberismo, invece, svuota gradualmente dall’interno la democrazia, predicando il riduzionismo “idraulico-sanitario” della democrazia già definito da Hayekma preferendo farlo in una cornice di apparente conservazione del quadro istituzionale.
Cioè, attraverso la mitologia tecnocratica dell’UE, l’ordoliberismo consente lo svuotamento della democrazia sostanziale (“necessitata“) del secondo dopoguerra, con un’alternanza di gradualità ed accelerazioni, sostenute da una forte cornice moralistica, ma tutta e sempre diretta solo contro lo Stato, portatore di sprechi e corruzione, e mai contro il settore finanziario e della grande impresa.
Questa proclamazione “moralistica” fa “assomigliare” l’ordoliberismo all’ordinamento democratico, naturalmente imperniato su valori solidaristico-umanistici, eliminando così, almeno ad un primo impatto, il senso di minaccia per le comunità sociali coinvolte.
Almeno fino a quando  la minaccia non sia stata tradotta in un risultato acquisito ed irreversibile: la disarticolazione dell’azione pubblica a favore dell’interesse generale di tutti i cittadini, nell’obiettivo di realizzare l’eguaglianza sostanziale (e non solo formale, cioè che prescinde dalle divergenti condizioni sociali di partenza dei diversi individui). Il che ci riporta direttamente al “metodo” teorizzato da Giuliano Amato all’inizio di questa trattazione .
Ma ciò conferma anche il significato dello “stile” della tecnocrazia rivestita da slogan moralistici(pop), quale ci descrive il famoso brocardo di Juncker (metodo Juncker n.M.A.), che riassume in tutta la sua efficienza la tattica politica ordoliberista: