martedì 17 marzo 2015

IL MISTERO DELLA SCOMPARSA DELLA CRESCITA DEI SALARI IN AMERICA È RISOLTO di Tyler Durden

Traduzione di vocidallestero.it su articolo originale pubblicato su zerohedge.com


di Tyler Durden, 12 marzo 2015

Uno dei maggiori enigmi, uno di quelli che hanno profonde implicazioni di politica monetaria, e che ha sconcertato la Fed per tutto lo scorso anno è come sia possibile che, pur con una disoccupazione al 5,5%, non ci sia praticamente alcuna crescita dei salari.
Il mistero si infittisce ulteriormente se la Fed dà ascolto ai cosiddetti esperti di economia, che dicono che la crescita dei salari è imminente, se non già in corso, e il problema è solo che non viene registrata dalle varie serie di dati.
I dati sul lavoro di venerdì non fanno che confermare che dal crollo della Lehman ad oggi non c’è stata praticamente nessuna crescita dei salari, dato che l’aumento del salario nominale medio per ora lavorata è a malapena sopra il target di inflazione della Fed, anziché al livello a cui la Yellen vorrebbe vederlo, cioè più o meno al 4%.


Eppure quando i raffinati ed eruditi opinionisti, che solitamente hanno incarichi ben pagati in posizioni di comando, guardano i dati, ci dicono che i salari stanno crescendo.

Com’è possibile?

In effetti il mistero diventa ancora più fitto se anziché guardare ai salari di “tutti gli occupati”, come viene mostrato sopra, si prova a guardare all’80% dei lavoratori classificati dal BLS [Ufficio di Statistica del Lavoro, NdT] come “impiegati nella produzione in ruoli non dirigenziali” che “rappresentano circa i quattro quinti dell’occupazione nelle imprese private non agricole“. L’Ufficio di Statistica del Lavoro li definisce in questo modo:

“Gli occupati nella produzione e in attività connesse comprendono i dirigenti e tutti i lavoratori che non hanno ruoli dirigenziali (inclusi i capisquadra e gli apprendisti) addetti a: fabbricazione, elaborazione, assemblaggio, ispezione, ricezione, magazzino, trattamento, imballaggio, stoccaggio, spedizioni, autotrasporti, rimorchi, manutenzione, riparazione, pulizie, servizi di guardia, sviluppo dei prodotti, produzioni ausiliarie per l’impianto stesso (ad esempio alle centrali elettriche), registri, e altri servizi strettamente connessi alle attività produttive sopra elencate.

Gli occupati in ruoli non dirigenziali comprendono tutti coloro che lavorano in imprese private produttrici di servizi e che non sono al livello dirigenziale. Questo gruppo comprende ruoli come: impiegati d’ufficio e di segreteria, riparatori, addetti alle vendite, operatori, autisti, medici, avvocati, ragionieri, infermieri, assistenti sociali, collaboratori di ricerca, insegnanti, redattori, fotografi, estetisti, musicisti, ristoratori, custodi, camerieri, installatori e riparatori di linee elettriche, braccianti, bidelli, guardiani, e altri lavoratori e livelli occupazionali simili i cui servizi sono strettamente connessi a quelli sopra elencati.”

Il BLS aggiunge che “questi gruppi rappresentano circa i quattro quinti dell’occupazione totale delle imprese private non agricole”. I rimanenti sono all’opposto: sono quelli che il LA Times definisce “principalmente occupati nella direzione, supervisione o pianificazione del lavoro degli altri”.

In altre parole “dirigenti”, boss e altri “leader”.

I numeri sono importanti: gli impiegati nella produzione in ruoli non dirigenziali rappresentano l’80% della forza lavoro effettivamente occupata. Questo è importante nel momento in cui si guarda al prossimo grafico, che mostra l’aumento annuale nella retribuzione oraria solo per gli occupati nella produzione in ruoli non dirigenziali.

A questo punto chiediamo a tutti gli economisti di distogliere lo sguardo, perché la situazione si fa assai brutta:


Come riportato dal BLS, non solo la crescita annua dei salari dell’80% della forza lavoro non sta crescendo, ma di fatto sta crollando ai livelli più bassi dall’inizio della crisi Lehman!

Ma se i salari dell’80% della forza lavoro stanno precipitando mentre nel complesso il grafico del salario medio resta piatto, ciò significa che gli stipendi dei dirigenti americani, vale a dire dei “capi” stanno…

Bingo.

Il grafico sotto mostra come si sono evolute le retribuzioni per ora lavorata dei “dirigenti” dall’inizio della seconda Grande Depressione ad oggi. Notate le differenze con il grafico sopra.



Ed ecco qui, signore e signori, l’impennata nella crescita dei vostri salari: se ne va tutta dritta nelle tasche di quel fortunato 20% di lavoratori americani che sono lì a dare ordini, a vestire in giacca e cravatta e a sembrare importanti.

Sì – i salari crescono, ma per quelli che ne hanno meno bisogno, cioè per “quelli che comandano”.

In altre parole, proprio tutti quegli economisti che un giorno dopo l’altro continuano a ripetere, fottendosene della realtà, che i salari stanno aumentando…

Be’, provate a indovinare: hanno proprio ragione… se si parla dei loro salari! E’ solo su quel piccolo particolare dei salari di tutti gli altri, che hanno torto marcio.

E così, la prossima volta che qualcuno vi chiede perché non c’è una ripresa generalizzata dei consumi per l’intera popolazione, fategli semplicemente vedere i grafici qui sopra.

E con ciò, il misterioso caso della scomparsa della crescita salariale in America, è chiuso.

lunedì 9 marzo 2015

Riflessioni su fascismo e antifascismo oggi

Da una discussione su facebook ho sentito emergente l'esigenza di sviluppare alcune riflessioni su fascismo e antifascismo e, più in particolare, sulla attualizzazione del loro significato alla luce di alcuni recenti eventi nella scena italiana e mondiale.
Quando si prova a discutere di questi temi si ha sempre l'impressione di attraversare un campo minato con il timore di essere inquadrato come squadrista o come partigiano, in sintesi cioè incastrato nella solita semplificazione mediatica per creare e strumentalizzare degli schieramenti fittizi volutamente considerati aderenti a ideologie e o correnti intese senza tempo.
Il fascismo inventato in Italia nel 1919 si è estinto nel 1945.
Sono e saranno sempre vivi, nella forma mutevoli ma non nella sostanza, i principi ispiratori di tale ideologia, i suoi obiettivi: totalitarismo, assolutismo, antisocialismo.
Altrettanto vivi e attivi sono gli strumenti necessari al raggiungimento di tali obiettivi: il nazionalismo, le idee populiste apparentemente reazionarie e anticapitaliste, il controllo dei media e della cultura, la limitazione del potere legislativo a favore dell'esecutivo, la repressione delle idee contrapposte con l'uso della violenza, le leggi razziali.
Sandro Pertini diceva: “Il fascismo per me non può essere considerato una fede politica. Sembra assurdo quello che dico, ma è così: il fascismo a mio avviso è l'antitesi delle le fedi politiche, il fascismo è in contrasto con le vere fedi politiche. Non si può parlare di fede politica parlando del fascismo, perché il fascismo opprimeva tutti coloro che non la pensavano come lui.
Nel 1943 ritengo fosse un'esigenza fondamentale sentirsi antifascista.
Oggi che significato potrebbe avere proclamarsi tale, come fa l'amico Marco?

Il suggerimento sarebbe l'immagine allegata al post, l'Italia libera.
Quell'Italia libera che per essere liberata ha sopportato sacrifici incommensurabili in termini di vite spezzate.
Italia libera dal totalitarismo, dall'assolutismo, dalla violenza, dalla guerra, in un clima di socialismo in cui i ceti più deboli siano protetti da quelli più forti e prepotenti, minori in numero ma enormemente più ricchi.

Per scolpire nella roccia tali intenti ci siamo dotati di una Costituzione repubblicana, di stampo keynesiano, un lavoro illuminato e illuminante.
Ora, proseguendo logicamente il discorso, possiamo affermare che essere antifascista, cioè contro il fascismo ma in sua assenza attualizzandone il significato, sarebbe equivalente oggi a credere, sostenere e difendere i valori espressi dalla Costituzione italiana per sua natura contraria e oppositiva agli obiettivi e ai principi fascisti.
Ma nella discussione probabilmente non si vuole intendere questo e infatti Marco precisa:


I morti ammazzati sono evidentemente quelle persone che nel corso del regime fascista ebbero l'eroico coraggio di opporvisi sacrificando o pagando con la propria vita, rispetto e onore a loro, nulla da aggiungere se non ribadire che parliamo di oltre settanta anni fa.
L'allarmante pericolo dei saluti romani e dei nostalgici che parlano sui palchi immagino siano riconducibili agli esponenti di CasaPound, tra l'altro decisi oppositori di UE ed Euro-sistema, quelli che sono “riusciti” ad avere il seguente consenso (fonte wikipedia):


Il pericolo che vede Marco non lo vedo nei numeri.
Che ci sia CasaPound a sostegno della Lega di Salvini non la vedo come una pericolosa eccezione, è la normalità derivante da una sinistra che, per non dire la verità sulla crisi evitando così di riconoscere i propri gravissimi errori, la lascia dire alla destra che ne fa' a suo modo una bandiera.
Come sta succedendo in Francia con Hollande e la Le Pen.
È indubbio che in Europa c'è un avanzamento nel consenso delle destre nazionaliste, e ci sarebbe già stato anche in Italia se non ci fosse stato il quasi inutile exploit del M5S.
La motivazione banale di quanto sta accadendo è la mal sopportazione sempre più dilagante di un sistema politico-economico-monetario europeo che ha, nei numeri, peggiorato le condizioni di vita dei cittadini europei.
Sistema sostenuto a maggioranza nei vari Paesi da forze di sinistra e liberaliste che lo difendono a spada tratta.
In Italia con una maggioranza guidata dal PD.

Sarà mica che tale sistema è contrario ai principi antifascisti della nostra Costituzione?

Facciamo rispondere a questa domanda alcuni emeriti personaggi irriducibili sostenitori di questa Europa.

Padoa Schioppa 1999: “L’Europa non nasce da un movimento democratico e, per definizione, è un processo che deve essere guidato da una oligarchia

Prodi 2001: “Un giorno ci sarà una crisi e saremo obbligati ad introdurre nuovi strumenti politici, oggi non proponibili

Padoa Schioppa 2003: “Nell'Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev'essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l'individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità”.

Monti 2011: “I passi avanti dell’Europa sono cessioni di sovranità. I cittadini possono essere pronti a queste cessioni solo quando c’è una crisi in atto” 

Monti 2015: “Fu una scelta. Piuttosto che prendesse certe decisioni la troika con la brutalità che si è vista in Grecia era meglio le prendessimo noi. Con tutti i rischi di impopolarità. Parliamoci chiaro: la troika è una forma di neocolonialismo…

Juncker, Presidente della Commissione Europea : “Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno”.

Potremmo scrivere un libro di citazioni, ma mi fermo qui.

Sintetizziamo: il disegno UE è per costruzione antidemocratico, assolutista e oligarchico, ce lo hanno detto loro...
Certo a noi ci hanno venduto la favola del sogno Europeo tutta fratelli e pace.....e in buona fede è ragionevole che i puri d'animo ci abbiano incautamente creduto.

Ma con quali mezzi viene raggiunto ciò?

Con un Unione monetaria universalmente riconosciuta sbagliata anzi progettualmente sbagliata per generare “crisi educative”, con il controllo dei media e della cultura con cui si limita la diffusione delle idee contrapposte, con la limitazione del potere legislativo a favore dell'esecutivo, con la disattivazione e demolizione della Costituzione.

Strazianti analogie con il fascismo storico, mancano però la violenza sociale,i morti ammazzati, il razzismo...
Ma siamo sicuri che mancano?

Con l'imposizione di misure economiche cicliche, austerity, aumento di tasse, pareggio di bilancio, disoccupazione crescente, fiscal compact, MES,  si è messa in atto una violenza economica inaudita senza precedenti, oltre 80.000 imprese fallite dal 2008, il tutto per ricongiungerci con la durezza del vivere e farci accettare nuovi strumenti politici che prima non avremmo accettato, come ci avevano detto.

I morti ammazzati?
Quasi 500 suicidi per crisi economica dal 2012 ad oggi, imprenditori, pensionati, disoccupati...

In merito al razzismo?
Faccio rispondere l'economista Alberto Bagnai (che si definisce “de sinistra”):
Quello che non ha precedenti nella storia dell'umanità è la legge razziale non scritta dei piddini euristi italiani secondo la quale gli italiani sono una razza inferiore. Non è mai successo nella storia dell'umanità che un regime consolidasse il proprio potere utilizzando non la paura del diverso, ma il disprezzo del proprio prossimo. Ci volevano i padri nobili dell'euro perché si arrivasse a questo crimine contro l'umanità, contro quella porzione dell'umanità che è il popolo italiano, al quale l'umanità tanto deve, e dalla quale sta ricevendo in cambio l'odio delle proprie classi dirigenti. Fateci caso: non è possibile trovare un riformatore dell'Italia, un padre nobile, che non parta dall'odio verso il popolo italiano, malcelato dietro due o tre parolette di circostanza, le quali non riescono a celare un dato palese: che quando parlano d'Italia, cioè di noi, questi padri nobili non sanno assolutamente di cosa stiano parlando.
E, come sempre, il razzismo, o, come nel caso dell'Italia, l'autorazzismo, oltre a urtare contro un principio etico, urta contro un principio razionale: i dati continuano a non dire che siamo stati peggiori degli altri, e soprattutto continuano a non dire che, quando potevamo farlo, eravamo incapaci di governarci . E, ancora una volta come sempre, il razzismo chiede un tributo di sangue alle sue vittime, che in questo caso siamo noi. [...] Il loro autorazzismo è più rivoltante e più irrazionale del razzismo che ha caratterizzato gli altri regimi totalitari, quelli che hanno preceduto il regime eurista.

Solo agganciandosi politicamente ed economicamente a quelli migliori di noi (ma quando?) saremmo diventati più virtuosi: il famoso vincolo esterno.

Sostiene pertanto il filosofo Diego Fusaro:
L’antifascismo in assenza di fascismo è oggi il mezzo che permette alla sinistra di diventare il luogo di legittimazione della violenza capitalistica: per Nichi Vendola e i suoi compagni, la violenza è sempre e solo quella dell’olio di ricino e del manganello, mai quella dei vincoli europei, dei Fiscal Compact, dei contratti di lavoro che rendono a tempo determinato la vita stessa.

Dunque l'atavica lotta tra il capitale e lavoro si è sbilanciata a favore del capitale.
Con il risultato di una lotta per il potere che si esprime come lotta di classe e lotta tra popoli e che tende a strutturare l'ecumene globale in forma oligarchico-dinastica (cit. Orizzonte48).

Il liberalismo prevede di dover limitare i parlamenti da subito, per eliminare le barriere alla libera circolazione del capitale.
Tecnicamente dovremmo distinguere il liberalismo e fascismo: la storia ci suggerisce che la vera funzione del fascismo scatta quando il liberalismo esagera e perde il controllo propagandistico...e allora occorre alimentare altri bisogni emotivi delle masse; ma per raggiungere (quasi) gli stessi risultati (e anche due guerre mondiali). (cit. Orizzonte48)

Oggi questi bisogni emotivi delle masse sono ancora sotto l'influsso della propaganda, diritti cosmetici (la parità di genere, i diritti delle coppie "omo", la tutela della privacy, le quote “rose” nelle cariche pubbliche e molti di quelli che genericamente chiamiamo "diritti civili") innalzati retoricamente a simbolo di progresso civile mentre nel silenzio dei media si distruggono i diritti fondamentali (lavoro, voto, sanità, welfare, casa) sanciti dalla Costituzione.

L'autoritarismo di oggi, che pure pare ripercorrere le stesse misure e scelte strategiche del fascismo, sia pure a ritroso rispetto alla legalità costituzionale, NON PASSA PER I GRUPPI DEL NEO-FASCISMO DICHIARATO (CasaPound, vedi sopra), numericamente e ideologicamente relegati (finora) ad un ruolo del tutto marginale e, semmai, utilizzati come fonte di legittimazione "a contrario" (cioè in forma cosmeticamente contrapposta) del nuovo autoritarismo.

Per quanto detto, giustifico e ribadisco quanto già sostenuto nella discussione che ha dato spunto a questo post:
Chi sostiene il PD oggi equivale a chi ieri sosteneva il fascismo.
Il PD è l'espressione di un novello fascismo...non tutto il PD, però e finalmente, giusto Fassina?

È fascista chi difende l'Euro.
E farà la fine dei fascisti:
diventerà antifascista” (A. Bagnai)

sabato 7 marzo 2015

Hartz IV: il sogno della sinistra autoritaria italiana

La dittatura dell'Hartz IV, la "riforma strutturale" tedesca completata dalla riforma Schröder del 2010 che la tecnocrazia europea ed americana per mezzo della cooptata sinistra autoritaria al governo vuole attuare anche in Italia, il jobs act non è altro che un passo di avvicinamento:

clicca qui per vedere il video


martedì 3 marzo 2015

DEMOCRAZIA, PARTITI DI MASSA E LIBEROSCAMBISMO: SAPER DIRE LA VERITA' (L'ULTIMA CHANCE) di L. Barra Caracciolo

Post scritto da Orizzonte48 per facilitare la comprensione del percorso logico sequenziale che ha portato allo status quo economico politico italiano e che predispone il Bel Paese a nuovi e più drammatici ed epocali cambiamenti. Buona lettura.


1. Mi rendo conto di quanto sia importante coordinare, in un'unica esposizione riassuntiva, il discorso che abbiamo cercato di svolgere negli ultimi mesi.
La questione riguarda il tema dei temi: e cioè come la democrazia "sostanziale" (imperniata sulla tutela dei diritti fondamentali sociali da parte delle istituzioni politiche, a ciò vincolate dalle Costituzioni democratiche), non possa effettivamente sopravvivere all'inserimento della società in un paradigma liberoscambista
Più esattamente, si tratta di come la democrazia, all'interno di tale paradigma liberista, non possa sopravvivere se non in termini "idraulici", che significa"tolleranza" verso l'espressione del voto, ma a condizione che conduca alla ratifica di indirizzi di politica economica e sociale rigidamente precostituiti, cioè convenienti alla oligarchia che controlla de facto ogni processo decisionale. 
Il caso Grecia, in termini di visibilità "estrema", e  anche quello italiano, altrettanto visibile ma occultato dal sistema della "grancassa mediatica" pro-oligarchica, ci riportano al plateale fenomeno di inutili o quantomeno "stanche" consultazioni elettorali, in costanza di un alto astensionismo correlato alla constatazione della invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza uscita dalle urne sarebbe scontatamente "vincolata" a perseguire.

2. Negli USA ciò è stato anticipato, (rispetto all'Europa, sia pure con differenti capacità di adeguamento in ciascun paese), quasi allo "stato puro", dagli effetti dell'apertura dei mercati dei capitali - e dal conseguente paradigma dei vantaggi comparati che portava alla intensa delocalizzazione del manifatturiero esposto alla concorrenza asiatica, a cavallo fra gli anni '70 e '80: Galbraith ci parla apertamente della connessione tra ciò e l'istituzionalizzazione delle politiche monetariste anti-inflattive, che si è riflessa nella rottura della forza dei sindacati a fronte del dissolvimento del legame tra territorio e industria
Ciò ha provocato, a sua volta, la progressiva e inesorabile sconnessione tra il partito Labor americano, cioè (tendenzialmente) quello democratico, e il supporto elettorale-finanziario apprestato dal fronte sindacale

Una volta che la competizione elettorale sia affidata alla esclusiva "via mediatica" a pagamentoogni forza politica finisce per essere rappresentativa dei soli interessi di coloro che sono in grado, sul "libero mercato", di finanziare adeguatamente le campagne elettorali.
Ne è conseguita, - come effetto a catena della dissoluzione della capacità autorappresentativa della forza lavoro e di ogni altra componente sociale e produttiva non legata alla grande impresa finanziarizzata, (connessa all'indebolimento industriale-manifatturiero) -, la tendenziale coincidenza degli interessi "principali", cioè dei c.d. stakeholders, sottostanti a qualunque forza politica in grado di raccogliere (mediaticamente) il consenso a livelli sufficienti per governare. 
Insomma, le differenze tra i "maggiori" partiti, (solo apparentemente in competizione), sfumano fino a divenire, per capture irreversibile da parte delle stesse forze oligarchiche, irrilevanti.

3. Ora, in Italia, come in ogni altro paese (quantomeno) dell'area euro, questo stesso processo "involutivo" della democrazia e del benessere, ha assunto proporzioni tangibili in misura tale da non poter essere più ignorato.
Abbiamo visto come il jobs act, con il suo demansionamento generalizzato, di tipo "organizzativo", segni il punto di approdo da lungo tempo auspicato dalle stesse forze finanziario-oligarchiche che governano l'area euro.
Ma l'accelerazione finale è, appunto, un "approdo", in quanto preceduta da tutto l'armamentario reso "necessitato" (cioè forza super-sovrana incontestabile e "cui resisti non potest") dall'adozione della moneta unica
Quest'ultima, - proposta come obiettivo irrinunciabile e da mantenere ad ogni costo-, ha consentito, (peraltro in prosecuzione della sua forma sperimentale ed imperfetta dello SME), la simultanea imposizione di vincoli fiscali che sono, tutt'ora, il più potente strumento di giustificazione dello smantellamento forzato del welfare costituzionale e della stabilità e remuneratività del lavoro.

4. In un sistema industriale come quello italiano, questi strumenti hanno agito sul legame tra territorio e grande industria pubblica, assoggettata alla notoria massiccia privatizzazione (in mani sempre più estere), giustificata dalla presunta utilità della riduzione del debito pubblico, recidendo il legame tra sistema delle piccole e medie imprese e la stessa grande industria legata al territorio. (Laddove, invece, il problema della crescita del debito pubblico italiano è attribuibile al cumularsi dell'introduzione del vincolo monetario, in forma di SME, e del modello della banca centrale indipendente, conseguita al divorzio tra tesoro e Banca d'Italia, ed all'esplosione degli interessi, fissati dai mercati anziché della sovrana decisione dello Stato democratico.)
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5. Il fenomeno, svoltosi drammaticamente negli ultimi due decenni, lo abbiamo sintetizzato in questi termini:
"...il punto sono:
a) le politiche industriali, impedite d'autorità dall'UE (esigono politiche fiscali anche sul lato della domanda e anticicliche, ormai in soffitta) e
b) la conservazione dell'alta tecnologia ancorata al territorio, che può essere consentita solo dalla grande industria PUBBLICA. Ciò, coincide con la privatizzazione selvaggia di quel settore industriale pubblico che è il volano delle PMI (storicamente e funzionalmente; su questo credo di aver imparato da un gigante degli economisti italiani, e, a mio parere, non solo, come Cesare Pozzi). 

Infatti non ho parlato solo di cambio flessibile -anzi non ne ho parlato affatto- ma di un intero modello produttivo, anzi, "sociale", creato dal free-trade, e quindi export-led, secondo il paradigma specializzato dei vantaggi comparati ricardiani: questo inevitabilmente distrugge intere filiere, in nome della competitività-deflazione salariale, e senza che le PMI possano rimproverarsi vere o presunte incapacità di competere (anche leggersi "Bad Samaritans" di Chang è illuminante)...
Questa è l'UE-UEM e, infatti, ho proprio detto che l'euro è un potente "catalizzatore" cioè un innesco strumentale di tutta la faccenda.
La responsabilità delle PMI è culturale e politica: non arrivano a comprendere cosa significhi il free-trade imposto per trattato, credendo che la globalizzazione istituzionalizzata (WTO-UEM-FMI) sia un fenomeno inevitabile, mentre invece è una creazione umana, molto ideologica e accettata passivamente, contro limiti insormontabili della Costituzione (credendo che questa si limiti a tutelare il sindacato e cadendo nella trappola della rincorsa alla distruzione della domanda interna, tramite l'ostilità indistinta e poco meditata verso la spesa pubblica). "

6. Il problema dunque è l'intero paradigma che si accompagna, inevitabilmente e fin dall'inizio, cioè programmaticamente, alla moneta unica.
Nei suoi esiti finali, si tratta della deindustrializzazione ("competitiva" cioè spalmata sui paesi più deboli per imposizione del contenuto stesso del trattato, inevitabilmente congeniale ai paesi più "forti") e del suo riflesso sulla struttura politico-sociale del paese, prima ancora che su quella economica. Riportiamo il passaggio di Rodrik perchè ci pare riassumere perfettamente il fenomeno in tutte queste implicazioni:
"Le conseguenze politiche di una prematura deindustrializzazione sono più sottili, ma possono essere più significative.
I partiti politici di massa sono stati tradizionalmente un sotto-prodotto dell'industrializzazione. La politica risulta molto diversa quando la produzione urbana è organizzata in larga parte  intorno all'informalità, una serie diffusa di piccole imprese e servizi trascurabili. 
Gli interessi condivisi all'interno della non-élite sono più ardui da definire, l'organizzazione politica fronteggia ostacoli maggiori, e le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe.

Le élites non hanno di fronte attori politici che possano reclamare di rappresentare le non-élites e perciò assumere impegni vincolanti per conto di esse.
Inoltre, le élites possono ben preferire - e ne hanno l'attitudine- di dividere e comandare, perseguendo populismo e politiche clientelari, giocando a porre un segmento di non-élite contro l'altro.
Senza la disciplina e il coordinamento che fornisce una forza di lavoro organizzata, il negoziato tra l'élite e la non-élite, necessario per la transizione e il consolidamento democratico, hanno meno probabilità di verificarsi.

7. Questo passaggio ci porta ad approfondire due aspetti,  che rinviano a ragionamenti che abbiamo già in parte svolto:
a)  Il primo è questo: se gli interessi condivisi all'interno della non-élite sono più ardui da definire (proprio per il venire meno di quel motore dei partiti di massa che è la industrializzazione manifatturiera legata al territorio), la non-rappresentatività di qualsiasi forza politica rispetto alla maggioranza schiacciante della non-élite, conduce all'astensionismo
E l'astensionismo è la condizione "ideale" di svolgimento delle politiche liberiste, persino più di quelle perseguite da una dittatura oligarchica.




Ma anche il tentativo successivo di riconquistare questa rappresentatività (e quindi il ruolo di "partito di massa") ne viene indebolito e privato di vitalità - cioè finisce in ostacoli insormontabili ad un suo vero consolidamento-, perché tendenzialmente, chi ci prova parte dalla "denunzia" degli effetti e non delle cause (cioè il free-trade con, nel caso europeo, i limiti fiscali legati alla moneta unica), confondendo uno Stato "ladro" o "vampiro" con uno Stato, al contrario, svuotato della sua sovranità.
Cioè, si attacca lo Stato per ragioni opposte a quelle che legittimamente consentirebbero di rivolgergli un rimprovero: quelle che derivano dalla sua violazione del vincolo inderogabile costituzionale, ignorando quest'ultimo o ritenendolo superato. Cioè si rende responsabile lo Stato di ciò che "fa" - in nome dell'Europa-, mentre è evidente che vìola gli obblighi superiori relativi a ciò che "avrebbe dovuto fare (per Costituzione)".  
La responsabilità dello Stato, infatti, è di non essere in grado di rispettare quella legalità costituzionale che gli imporrebbe di perseguire il pieno impiego (artt.1 e 4 Cost.), il pieno diritto alla salute universale per mano pubblica (art.32 Cost.), la previdenza corrispondente ad un copertura adeguata e commisurata alla tutela reale delle retribuzioni in costanza di lavoro (art.38 Cost.), la stessa pubblica istruzione, con un livello di spesa adeguato alla formazione diffusa ed avanzata dei cittadini (artt.33 e 34 Cost.).


8. Come abbiamo già detto, "Il messaggio centrale (di coloro che tentano di offrirsi come opposizione al paradigma dell'€uropa), è: "la gente ci chiede più lavoro e meno tasse". And that's it: certo poi ci sono prese di posizione su problemi correlati, come l'indubbia strumentalizzazione dell'immigrazione no-limits utilizzata come "maglio" incessante alla tenuta di un mercato del lavoro in caduta libera verso la deflazione salariale."
Ma si ignorano, con questo riduzionismo semplificatorio ed incompleto, le cause strutturali, e sempre più incidenti, degli effetti che si vogliono combattere, attribuendone la volontà ad uno Stato, che è invece privato della sua "volontà" autonoma e sovrana
Il riduzionismo anti-Stato oscura così il problema centrale, quello che "il "ridisegno" della società italiana, inarrestabilmente perseguito in nome dell'€uropa, che sappiamo essere ad uno stadio molto avanzato."
Proseguire la delegittimazione dello Stato, ora "vampiro", ora addirittura "spendaccione" - contro i dati ben visibili di una spesa pubblica inevitabilmente tenuta sotto controllo, - in termini comparativi europei!-, in virtù di un cumulo di saldi primari di pubblico bilancio che non ha paralleli nella stessa €uropa-, rafforza solo la difficoltà a definire gli interessi condivisi che dovrebbero caratterizzare un partito di massa non-elitario
SP_05

9. E così si rafforza ovviamente il gioco delle élites, perché, inocula l'incrollabile convinzione che le tasse dipendano dall'eccessiva spesa pubblica, o che, quantomeno, l'eliminazione della gran parte della spesa pubblica "improduttiva", cioè "sociale" porterebbe alla salvezza fiscale: ma nel diffondere il malcontento si è poco chiari su quali voci della spesa pubblica andrebbero effettivamente tagliate. 
O peggio, si pecca di assoluta mancanza di aderenza alla realtà sulle reali dimensioni degli sprechi, veri o presunti, dimensioni propagandisticamente falsificate come tali per cui la loro eliminazione risulterebbe  risolutiva del problema "tassazione" eccessiva.
Non si scorge chiarezza sul punto fondamentale che tale problema ha, invece, le ben diverse cause del vincolo esterno, monetario e fiscale, che pone l'outputgap (cioè una minor crescita determinata dal sotto-impiego dei fattori produttivi e dalla continua compressione della domanda) ed il connesso saldo primario (cioè entrate correnti fiscali costantemente ben maggiori delle corrispondenti uscite), come obblighi inderogabili. 
Tale compressione dell'economia, infatti, induce minore crescita e maggior disoccupazione (o sottoccupazione, le due sono inscindibili), determinando la caduta di ogni previsione di entrata - essendo la base imponibile sempre inferiore alle attese- e, tuttavia, il continuo obbligato rilancio della pressione fiscale e della riduzione delle prestazioni pubbliche, verso gli irraggiungibili obiettivi di bilancio rigidamente fissati dall'€uropa.

Avanzo primario e tasso di risparmio

 
Nota: il grafico presenta i valori del saldo nominale, strutturale e output gap a segni invertiti.
Fonte: http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/d017.htm 
OUTPUT GAP ITALIA

9. E questo ci riporta all'altro aspetto critico della evoluzione del consenso e della rappresentatività possibile in una situazione del genere:  
b) "le identità personalistiche ed etniche dominano a scapito della solidarietà di classe".
Altrimenti detto, questa spiegazione ci dà ben conto dei sub-conflitti "sezionali"(p.11.1.), in funzione destabilizzatrice della democrazia, che fanno capo ai "diritti cosmetici" e alle identità etnico-religiose-localistiche, conflitti che sono una vera manna per le élites.
Le identità personalistiche, diciamo "di genere", femminismo e identità sessuali, sono usate come gigantesche armi di distrazione di massa, profuse dai media controllati dalle élitesper rompere ogni possibile comunanza di interesse all'interno della non-élite.
Ancor più efficaci sono i sub-conflitti sezionali di tipo etnico o religioso, a partire da quelli più antichi di tipo "localistico", cioè interni alle stesse nazioni sottoposte all'offensiva frammentatrice dei vincolo esterno e della sua deindustrializzazione free-trade.  
Abbiamo pure detto che temi come la "tutela del consumatore" o quella dell'ambiente, vengono proposti come argine consolatorio al posto della solidarietà di classe, ed alla identità di interessi della complessiva non-élite, portando a soluzioni che, nell'ambito delle espresse previsioni del trattato e del loro concepimento strategico ordoliberista, tendono a porre in modo "tecnicamente" specialistico, e quindi sezionale e frammentario, quel conflitto tra produzione e lavoro che la Costituzione risolve alla radice con norme molto più efficaci, vincolanti ed esplicite: quelle di tutela della dignità del lavoro, della salute e della previdenza assunte dalla mano pubblica.
—; la protezione dell’ambiente: con fissazione di standard tali da agevolare la realtà della grande impresa, capace di sostenere la ricerca, la produzione e i costi privati di tali standards; tale “protezione è inoltre vista come politica sostitutiva della tutela sanitaria pubblica generalizzata, quest'ultima da sostituire, progressivamente, con un sistema sanitario assicurativo privato;
—; l’ordinamento territorialetale da privilegiare le realtà localistiche per assottigliare la presenza degli Stati nazionali, legati “pericolosamente” alle Costituzioni democratiche “interventiste”, cioè che prevedono il sostegno alla domanda e all’occupazione mediante il welfare;
—; la protezione dei consumatori da truffe negli atti d’acquistola tutela del consumatore consente di creare un’apparente protezione della “parte debole”sostitutiva della tutela legale del lavoro, col fine di svincolarlo dalla tutela del welfare e dalla spesa pubblica relativa.”

11. Credendo di esserci spiegati un po' meglio, e avendo posto i vari passaggi dei problemi in una sequenza di collegamenti (auspicabilmente) più percepibile, non possiamo che concludere ribadendo l'appello in cui, una forza politica capace di rappresentare la grande maggioranza dell'elettorato, non-élite, dovrebbe riconoscersi:

"In questo stato di cose non hai un futuro, né come padre/madre né come figlio/figlia.

L'€uropa non te lo consente.

La Costituzione democratica, invece, questo tuo futuro lo prevede come un obbligo inderogabile a carico delle Istituzioni rappresentative dell'indirizzo politico".